Storia naturale della distruzione by W.G. Sebald

Storia naturale della distruzione by W.G. Sebald

autore:W.G. Sebald [Sebald, W.G.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2014-01-26T16:00:00+00:00


LO SCRITTORE ALFRED ANDERSCH

La letteratura tedesca possiede

in Alfred Andersch una delle sue personalità

più sane e più indipendenti.

ALFRED ANDERSCH, risvolto editoriale

scritto dall’autore

Nel corso della sua esistenza, al littérateur Alfred Andersch non mancarono né i successi né gli insuccessi. Fino al 1958, anno in cui decise di «emigrare» in Svizzera, egli occupò – come responsabile di redazione presso varie emittenti, come direttore della rivista «Texte & Zeichen» e autore di punta di rubriche radiotelevisive (così scrive a sua madre) –1 una posizione chiave nella vita letteraria della Repubblica federale tedesca che andava sviluppandosi in quegli anni. Con il passar del tempo, tuttavia, finì per ritrovarsi – in parte di proposito e in parte no – sempre più ai margini di quella vita. Da un lato furono i concetti di periferia, isolamento, disimpegno e fuga a determinare in larga misura l’immagine di sé che Andersch aveva costruito e messo in circolazione; dall’altro tutto ciò non influì minimamente sul fatto che – stando al materiale biografico di cui ora disponiamo – egli era in realtà più attaccato al successo e più dipendente da quest’ultimo di quanto non lo fosse la maggior parte degli scrittori suoi contemporanei. Dalle lettere alla madre risulta che Andersch – in merito all’importanza del proprio lavoro – aveva di sé un’opinione niente affatto modesta. «La trasmissione su Jünger non mancherà di fare scalpore»; il dramma di attualità contro l’antisemitismo, del 1950, «è quanto di meglio io abbia mai scritto ... molto meglio del Professor Mamlock di Friedrich Wolf»; a Monaco Andersch si vede «in piena ascesa»; durante la Fiera del libro di Francoforte l’editore organizzerà «un grande ricevimento» per l’uscita del suo romanzo Sansibar [Zanzibar],2 sul quale d’altronde – come egli riferisce nella medesima lettera alla cara mamma – il professor Muschg «il maggior storico contemporaneo della letteratura ... ha detto meraviglie». Poi, ecco Andersch ancora una volta alle prese «con un grande radiodramma», oppure intento a scrivere «un nuovo grande racconto» o «le ultime battute di una grande trasmissione radiofonica». E quando Ein Liebhaber des Halbschattens [Un amante della penombra]3 compare a puntate sulla «Neue Zürcher Zeitung», la cara mamma viene informata che «questo raffinato giornale ... pubblica solo il meglio del meglio».4 Affermazioni del genere rivelano non soltanto il pressante bisogno di legittimazione che determina il rapporto di Andersch con la madre, ma anche un’ansia di successo e di pubblico riconoscimento in stridente contrasto con quell’idea di eroismo anonimo e privato che lui – reduce dall’emigrazione interna – ama diffondere nei propri libri. Il termine «grande» è in ogni caso quello ricorrente nei giudizi e nelle presentazioni che Andersch dà di sé. Voleva diventare un grande autore, che scrive grandi opere, partecipa a grandi ricevimenti e in tali occasioni mette in ombra, nella misura del possibile, tutti i rivali, come accade ad esempio a Milano, «dove Mondadori» – così scrive Andersch nel rendere conto del suo successo – «ha organizzato in onor mio [si osservi l’ordine di precedenza] e dello scrittore francese Michel Butor un ricevimento», nel corso



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